What We See While We Run

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domenica 17 novembre 2013

Ultra Trail della Baronia - Pionieri del Gran Sasso 2012

Ita/Eng
Se cercate la parola limite nel dizionario leggerete, tra le altre, la definizione di punto, grado o livello a cui può giungere qualcosa. Si tratta dell’estremo massimo che conosciamo oltre il quale si passa a una condizione diversa da quella normale. Oltre il limite c’è una nuova esperienza. Esattamente ciò che rincorre un corridore.
E’ questo che ci ha mossi ad affrontare l’Ultra Trail della Baronia - Pionieri del Gran Sasso, una gara di 58 km nel suggestivo scenario delle montagne abruzzesi tragicamente colpite dal sisma del 2009. E, a distanza di tre anni e mezzo, le condizioni critiche in cui si ritrovano i paesi di questa zona si possono notare fin dalla partenza, nella piazza di Barisciano, dove alcuni edifici sono ancora puntellati con travi di legno.
Si parte alle 7 del mattino in autosufficenza idrica e alimentare, con l’obbligo di portare telefono cellulare ed equipaggiamento contro la pioggia. Usciti dal paese si comincia fin da subito a salire gradualmente. 
L’aria pungente del mattino è rinvigorente e il paesaggio si rivela immediadamente l’aspetto più importante da godersi. Non a caso chiamano tutta questa zona “il piccolo Tibet”. La strada è lunga e bisogna dosare le energie. 
Si corre bene sulle strade brecciate e ognuno cerca di trovare il proprio passo. Sarà la suggestione di questi luoghi, l’altura, l’emozione di una gara così estrema, ma il cielo sembra più vicino. 
Le nuvole non promettono niente di buono, ma si muovono velocemente e non destano ancora alcuna preoccupazione. Le gambe macinano passi e lo scenario circostante si modifica continuamente, in maniera morbida, man mano che avanziamo. 
Il cielo si fa plumbeo e al primo vero strappo verso l’alto, una sferzata di vento freddo ci viene incontro e ben presto comincia a piovere. Ricorrere fin da subito al kway, non predispone bene mentalmente: vien da pensare che il rischio sia di affrontare tutti i chilometri di gara sotto l’acqua. Un’idea disarmante da combattere cercando di concentrarsi sulla strada. 
Il primo ristoro si trova dopo circa 15 km nel paese di Santo Stefano di Sessanio un luogo che ha del magico nonostante anche questo mostri palesemente le conseguenze del terremoto. Sembra di essere fuori dal mondo. 
La pioggia da una tregua e la temperatura è ottimale tanto da permetterci di liberarci delle incerate. Raggiunto Castelvecchio vediamo in lontananza arroccata sulla montagna il nostro prossimo obiettivo Rocca Calascio ai piedi del quale potremo considerarci circa a metà percorso. Qui il cielo si apre e il sole accompagna la nostra salita. 
Abbiamo nelle gambe circa 27 km, ma la voglia di proseguire ridimensiona la stanchezza che probabilmente sentiremmo in un’occasione diversa. L’importante è alimentarsi e idratarsi costantemente, prima che le energie si esauriscano. 
Lo scenario che ci regala la natura è sorprendente e raggiunta la Rocca, oltre la cima, si apre, sul versante opposto, una vista ancor più entusiasmante: una discesa tra rilievi così armoniosi da buttarcisi a capofitto. Correre in questo contesto è una sensazione di continua meraviglia. 
In lontananza vediamo la cima del Gran Sasso. Procediamo verso Campo Imperatore. Le gambe cominciano ad accusare i primi segni di stanchezza, ma continuano a correre. La testa, per fortuna, è distratta da tutto quel che c’è intorno, ma per chi, come me, non ha mai affrontato una distanza così lunga, la reazione sia fisica che mentale è un’incognita. Superare il limite di tempo e di spazio mai affrontato prima dal proprio fisico in una corsa è qualcosa difficile da gestire. Da qui non so cosa mi aspetterà. Quel che si può solo fare è mettere un passo davanti all’altro. Correre e non pensare alla fatica. 
Ricomincia a piovere e questa volta il vento è ancora più freddo. Davanti a noi il cielo non da molte speranze e la prospettiva di affrontare gli ultimi quindici chilometri in queste condizioni climatiche è disarmante. Ma non ci si può arrendere. Fermarsi o rallentare significherebbe allungare la sofferenza, raffreddare i muscoli e garantirsi un bel malanno. Per qualche istante viene da chiedersi chi ce l’abbia fatto fare, ma è un pensiero da cancellare immediatamente. Bisogna trovare interiormente la forza di continuare, adattarsi, vincere ogni forma di abbattimento mentale. 
 Da Campo Imperatore, la catena montuosa del Gran Sasso è ancor più suggestiva. 
Ci infiliamo in un canyon, il letto di un fiume prosciugato il cui fondo è diventato sabbioso a causa delle piogge. E’ sempre più dura. Tuttavia, l’incredulità di ritrovarsi in un luogo del genere spinge a vivere questa avventura estrema fino alla fine. 
Si sale ancora, si scala, quasi, una parete ripida in cima alla quale, sappiamo, avremo terminato l’ultimo picco. Ancora un po’ di determinazione. Da qui in poi, si scenderà fino all’arrivo. Dalla sommità vediamo Castel del Monte, la nostra destinazione. E per fortuna smette di piovere. 
La discesa, però è davvero impegnativa e le anche e le ginocchia cominciano a non poterne più. Alcuni corridori zoppicano, ma non mollano. 
Manca poco e, nell’ultimo tratto, la strada permette di correre liberamente. Si stringono i denti perché è così che vogliamo giungere all’arrivo, correndo. E, inaspettatamente, in un angolo recondito del corpo, si ritrova la riserva che permette di farlo. La visione del traguardo da una sferzata di euforia che fa allargare un sorriso pieno di soddisfazione sui nostri volti. Al termine, non ci si rende nemmeno conto di ciò che si è compiuto, lasciando a dopo, il tempo di rielaborare l’esperienza appena portata a termine. Cosa ne ricava ognuno è qualcosa di estremamente personale. 
Il fine di ogni corridore è nell’esperienza stessa. Ma ancor più della gara, sono questi luoghi magici a riportarmi alla mente frase di Ignazio Silone in “Pane e vino”: “L'uomo non esiste veramente che nella lotta contro i propri limiti.



If you look in the dictionary the word “limit” you read, among others, the definition of “point, grade or level at which something can reach”. It’s the extreme maximum we know, beyond which we switch to a different condition than normal.  Over the limit there's a new experience. Exactly what chases a runner.
That 's what motivated us to deal with the Ultra Trail of Baronia - Pionieri del Gran Sasso, a race of 58 km in the picturesque scenery of Abruzzo mountains tragically affected by the earthquake of 2009. And, after three years and a half, we can see the critical conditions where the countries in this area are, from the start, in the square of Barisciano, where some buildings are still propped up with wooden beams.
We starts at 7 am self-sufficiency in food and water, with the obligation to carry mobile phones and equipment against rain. We began to rise gradually. The keen air of the morning is invigorating and the landscape is revealed immediately the most important aspect to enjoy. No coincidence that all call this area "the little Tibet". The road is long and we have to measure out our energy. We can run well on the white roads and everyone tries to find their own pace. It will be the charm of these places, the height, the thrill of a race so far, but the sky seems to be closer. The clouds do not promise anything good, but move quickly and do not cause any concern yet. The legs grind steps and the surrounding scenery changes continuously, so soft, as we go along. The sky is leaden and at the first climb, a blast of cold wind comes to meet us, and soon begins to rain. Use immediately to kway, does not prepare well mentally you to think that the risk is to face all the kilometers of the race under water. A disarming idea to fight trying to concentrate on the road. The first refreshment is located approximately 15 km in the village of Santo Stefano di Sessanio a place that has something magical although even this shows clearly the consequences of the earthquake. It seems to be out of this world. The rain gives a truce and the temperature is optimal so we can get rid of kways. Reached Castelvecchio we can see in the distance, perched on the mountain, our next goal Rocca Calascio at the foot of which we consider ourselves about halfway. Here, the sky opens up and the sun follows our climb. We in the legs about 27 km, but the desire to continue resize the fatigue that probably would feel in a different occasion. It’s important to eat and hydrate constantly, before the energy runs out. The scenario that gives us nature is amazing and reached the fortress, over the top, it opens on the other side, a view even more exciting: a descent between reliefs so harmonious to run headlong. Running in this context is a continuous sensation of wonder. In the distance we see the top of Gran Sasso. We proceed to Campo Imperatore. The legs begin to suffer the first signs of fatigue, but continue to go. The head, fortunately, is distracted by all that is around, but for those who, like me, has never faced such a long distance, both physical and mental reaction is unknown. Exceed the limit of time and space never faced before by your body in a race is something difficult to manage. From here I don't know what to expect. What i can do is just put one foot before the other. Run and not think about the effort. It starts to rain and this time the wind is even colder. In front of us the sky doesn't give us much hope and the prospect of facing the last fifteen miles in these conditions is disarming. But we can't give up. Stop or slow down would mean lengthen the suffering, cool muscles and ensure to get ill. For a moment you wonder who has it done to do, but it's a thought to be deleted immediately. We must find the inner strength to continue, adapt, overcome every form of mental dejection. From Campo ImperatoreGran Sasso mountain range is even more striking. We go to a canyon, the bed of a dry river whose bottom has become sandy due to the rains. It 's always harder. However, the disbelief of being in a place like this pushes us to live this extreme adventure until the end. We go up again, almost climbing a steep wall on top of which, we know, we finish the last peak. A little determination. From here on, we will go to the finish. From the top we see Castel del Monte, our destination. And fortunately the rain stops. The descent, however, is very challenging and hips and knees start to not take it anymore. Some runners limp, but don't give up. The last section of the road allows us to run freely. We clench our teeth because that's how we need to get to the arrival, running. And, unexpectedly, in a hidden corner of the body, we find the reserve that allows us to do so. The vision of the goal gives us a burst of euphoria that is spread a smile of satisfaction on our faces. At the end, you are not even aware of what we have accomplished, leaving to after, the time to rework the experience just completed. What it mean to everyone is something very personal. The goal for each runner is in the experience itself. But even more than the race, are these magical places that brought me back to my mind phrase Ignazio Silone in "Bread and Wine": "The man does not really exist than in the fight against its limits."

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