What We See While We Run

What We See While We Run

mercoledì 27 novembre 2013

Tai Chi Run

Il Tai Chi Run è una nostra libera applicazione dei principi del Tai Chi Chuan alla corsa in montagna.


Il Tai Chi Chuan è un'antica arte marziale cinese, nata come sistema di autodifesa, che si è trasformata nel corso dei secoli in una raffinata forma di esercizio per la salute ed il benessere.
La pratica del Tai Chi Chuan consiste principalmente nell'esecuzione di una serie di movimenti lenti e circolari che ricordano una danza silenziosa, ma che in realtà mimano la lotta con un opponente immaginario.
Unisce l’esercizio lento con l’attenzione della mente concentrata sul movimento, muovendo il corpo in modo rilassato e consapevole e calmando il respiro.





Il Tai Chi Run trasferisce gli stessi principi alla corsa in montagna, permettendo di aumentare la capacità di concentrazione e di non utilizzare necessariamente la forza fisica per ottenere un buon allenamento.

Non ha nulla a che vedere con il "fondo lento" di cui si parla nelle tabelle di allenamento.

E' particolarmente benefico per ridurre lo stress nei periodi di defaticamento e per riprendere l'attività dopo un infortunio.

I percorsi ideali per il Tai Chi Run sono i sentieri di montagna con salite di media pendenza e discese tecniche.




domenica 17 novembre 2013

Hikerunning to the top of Revellone mountain

Ciao Runners,
hike running è un escursionismo corso sui sentieri di montagna, senza un itinerario prestabilito.
In queste foto, siamo al Monte Revellone, nel Parco Naturale della Gola della Rossa e di Frasassi.
Le altre foto di questo itinerario le potete trovare qui:
A presto
Stay tuned. :)


Trail Running - Da Rifugio a Rifugio 2012


La sensazione più immediata che si ha avvicinandosi per la prima volta alla località di Castelluccio di Norcia è di essersi persi qualcosa di straordinario, fino a quel momento. Un'impressione che alle 8:00 del mattino, prima di una gara storica come quella che stiamo per affrontare, è solo uno spettacolare preludio di quel che ci aspetta.
Sul valico appenninico che divide il confine marchigiano da quello umbro, ai piedi del Monte Vettore, si trova Forca di Presta1.550 metri sul livello del mare, dove si è svolta la 38ma edizione del trail “Da Rifugio a Rifugio”, organizzato dall’Associazione Nazionale Alpini della sezione Marche e tappa del circuito Park Trail 2012. Siamo sulla catena dei Monti Sibillini e da qui abbiamo l’incantevole visuale dei Monti della Laga.
Partendo dal rifugio dedicato all’alpino Giovanni Giacomini, il circuito di 19,700 km si snoda in percorsi escursionistici che tra crinali scoscesi, valli e boschi raggiunge il rifugio “Colle le Cese”, arriva al valico di Forca Canapine e ci riporta indietro al rifugio di Forca di Presta.
Il sentiero che percorre la prima parte lungo il fianco di una pendenza, costringe i partecipanti ad una corsa in fila indiana in cui è difficile superare chi hai davanti. Il ritmo è dettato dall’andatura di chi ti precede che, se non è simile al tuo, diventa un po’ frustrante. 
L’immagine prende così le forme di un sottile serpente colorato che si allunga intorno all’altura. Il prato rigoglioso che copre il tracciato nascondendo alla vista il reale appoggio del piede, rende ancor più complicato il single track. Anche se non si tratta di uno strapiombo, la pendenza al nostro fianco è da vertigini. Il pericolo c’è, ma non bisogna pensarci.
Lo scenario panoramico è eccezionale, ma è necessario mantenere alta la concentrazione sul sentiero. Andando avanti il serpente si sfilaccia e ognuno riesce a prendere il proprio passo. 
Una discesa più larga e brecciata permette di allungare le gambe fino al rifugio “Colle le Cese” dove, al settimo chilometro, oltre al primo ristoro, ci aspetta una breve, ma ripidissima parete in salita. La vegetazione è rigogliosa e il verde che ci accompagna durante l’arrampicata è davvero intenso. Si tratta dello strappo più impegnativo e da qui comincia la corsa in solitudine per chi vuol fare la propria gara. 
Il percorso è vario e ondulato, un saliscendi tutto da correre. Quando comincia la stanchezza fisica, si corre con la testa. Ma il sole forte arroventa la pelle, il caldo appesantisce l’incedere e intontisce. 
Al successivo ristoro, una fetta d'arancio, due battute d'incoraggiamento e via per non perdere il ritmo. La parte migliore di questi trail è spesso la solidarietà che si instaura tra sconosciuti che condividono la stessa passione lungo un tratto di strada insieme, anche se breve. 
E vedere una mano tesa a qualcuno che è inciampato, o sentire una parola d'incitazione da chi ti sta superando, è un modo di condividere le emozioni di uno sport in cui si soffre apparentemente senza senso. Ma il senso, anche se non sai spiegarlo, è lì in quei gesti e in quello che hai intorno. Ma soprattutto nel limite tutto personale che ti stai impegnando a spingere più in là. 
Il passaggio tra i boschi permette di riprendersi al riparo dai raggi e recuperare un po' di forze prima del tratto finale di ritorno verso Forca di Presta. Usciti dalla foresta, torniamo a vedere il versante arquatano del Monte Vettore che, con le sue asperità rocciose, si staglia verticale all’orizzonte, oltre la nostra meta. Ci si sente fortunati ad essere qui. Un trail entusiasmante e veloce, dall’impatto visivo incredibilmente emozionante.
Poco distante dall’arrivo, sulla strada del ritorno ritroviamo il Pian Grande sotto Castelluccio, dove abbiamo la fortuna di assistere alla cosiddetta “Fioritura”, che proprio in questo periodo regala uno spettacolare mosaico di colori, giallo, rossi, blu e viola. E ci si rende conto che la prima sensazione avuta al mattino non era che una minima parte di quel che ci portiamo a casa.



The most immediate feeling that you have approaching for the first time the village of Castelluccio di Norcia is that you have missed something extraordinary, so far. Impression that at 8:00 am., before a historic race like the one we are facing, it's just a spectacular prelude to what lies ahead.
On crossing the Apennines border that divides the Marche from Umbria, at the foot of Monte Vettore there's Forca di Presta1,550 meters above sea level, where we held the 38th edition of the Trail "Da Rifugio a Rifugio", organized by National Alpine AssociationMarche section, and step of the Park Trail 2012. We are on the Sibillini mountains and from there we have the lovely sight of Monti della Laga.
Starting from the refuge dedicated to the alpine Giovanni Giacomini, the circuit of 19.700 km of hiking trails winds in between steep ridges, valleys and forests to the refuge "Colle le Cese", arrives at the pass of Forca Canapine and takes us back to Forca di Presta.
The trail that runs through the first part along the side of a slope, force in a race in single file where it is difficult to overtake those in front of you. The rhythm is dictated by the gait of who precedes you, and if it's not similar to yours, it gets a little frustrating. The image thus takes the form of a colored thin snake that stretches around the altitude. The lush green grass covers the track, hiding from view what's under the step and makes it even more complicated the single track. Even if it isn't a cliff, the slope on our side is dizzying. The danger is there, but we must not think about it.
The panoramic scenery is outstanding, but we have to keep focused on the path. Going forward the snake frays and everyone can make their pitch. A broad and brecciated descent stretch the legs up to the refuge "Colle le Cese" where, at the seventh kilometer, there's the first refreshment before a short but steep climb wall. The  lush and intense green vegetation accompanies us during the climb. This is the most challenging tear, from here begins the race in solitude for those who do their own race. 
The route is varied and undulating with ups and downs to run around. When it gets physical fatigue, you run with your head. But the strong sun heats the skin, the heat weighs down the pace and stuns. At the next refreshment, a slice of orange, two words of encouragement and a fast restart to not lose the rhythm. The best part about these trails is often the solidarity that develops between strangers who share the same passion along a stretch of road together, even if brief. And to see a helping hand to someone who has stumbled, or hear a word of encouragement from others who are passing us, is a way to share the excitement of a sport in which you are suffering from seemingly meaningless. But the sense, even if you can not explain it, is there in those gestures and your surroundings. But especially in the very personal limits that you're making an effort to push further. 
The passage through the woods protect from the rays and recover a bit of forces before the final stretch back to Forca di Presta. Leaving the forest, we can see again the slope of Monte Vettore, with its rough rock, standing vertically on the horizon, beyond our goal. We feel lucky to be here. An exciting and fast trail, with an incredibly exciting visual impact.
Not far from the arrival, on the way back we find the Piano Grande under Castelluccio, where we are fortunate witness of the so-called "Fioritura", blooming, which during this period gives a spectacular mosaic of colors, yellow, red, blue and purple. And we realize that the first sensation we had in the early morning was just a small part of what finally we bring home.

Il Miglio del Passeto 2012 - Open Water Swimming


Se vi sfugge quanto sia lungo un miglio marino, sappiate che si tratta della bellezza di circa 1,852 Km. Una distanza da tenere conto, se avete intenzione di partecipare, a una gara di nuoto come l’annuale “Miglio del Passetto”, avvenuta lo scorso sabato 14 luglio ad Ancona. La spiaggia cittadina del capoluogo marchigiano ha accolto quasi 250 nuotatori, professionisti e amatori, che in questa caldissima mattinata estiva si sono sfidati, e hanno sfidato loro stessi, nella faticosa impresa che da anni coinvolge atleti da tutta italia e non solo. Giunta alla ventesima edizione, ha, infatti, radici storiche “Il Miglio del Passetto”, originariamente conosciuta come “La Traversata del Passetto” e prima ancora del porto, nata per sfida tra nuotatori della nobiltà e portolani.



Ai piedi della maestosa scalinata, lo spettacolo regala emozioni anche alla folla che assiste semplicemente dalla spiaggia. 
Alla partenza, la moltiudine di atleti prendono a mulinare bracciate. Il suggestivo rumore delle loro mani che schiaffeggiano la superficie dell’acqua, trasmette agli spettatori tutta la loro energia.
Nuotano senza tregua affrontando il mare leggermente increspato nel percorso allestito con due grandi boe e venti imbarcazioni con giudici, medici e subacqui di assistenza, che l’organizzazione Kòmaros Sub Ancona, in collaborazione con l’assessorato allo sport, ha preparato per loro. 

Si alza un vento che movimenta un po’ l’acqua. Ognuno nuota secondo la propria preparazione, le proprie forze e le proprie condizioni. All’imbuto che guida al traguardo, le bracciate si fanno più stanche, impegnative, ma ancora più determinate. 
E, all’arrivo, dal primo all’ultimo atleta, tutti emergono con un volto esausto, ma soddisfatto, che rispecchia lo spirito di una competizione sana e positiva, e che a qualche spettatore avrà fatto pensare, anche se solo per pochi istanti: “Perché no? Magari, l’anno prossimo ci provo anch’io.”
Al prossimo anno, allora!




If you don’t know how long is a nautical mile, well, you should take into account it’s about 1.852 Kms, if you plan to participate in a swimming race as the annual "Mile of Passetto", which took place last Saturday, July 14 at Ancona, Italy.
The beach town in the Marches capital has welcomed nearly 250 swimmers, professionals and amateurs, who in this hot summer morning challenged in the difficult undertaking that involves, from many years, athletes from all over Italy and beyond. Now in its twentieth edition, "The Mile of Passetto" has, in fact, historical roots. It was originally known as "The Crossing of Passetto" and before “Of the port”, as challenge between swimmer of the nobility against people of the port.
At the foot of the majestic staircase, the show excites all the people who simply attend from the beach. At the start, the athletes take to swirl their arms. The evocative sound of their hands slapping the water surface, transmits to the audience all their energy. 
They swim relentlessly confronting the sea rippled gently. The Kòmaros Sub Ancona organization, in collaboration with the Department of the sport, has set the path with two large buoys and twenty boats with judges, doctors, and sub-aquatic assistance. The wind moves a little more the water. Everyone swims according to their preparatio, forces and conditions. At the funnel that guides to the finish line, the strokes are more tired, strong, but more obstinate. 

And, on arrival, from first to last athlete, everyone emerge with an exhausted, but happy face, that reflects the healthy and positive spirit of this competition, and that makes some viewers thinking, even if only for a few moments: "Why not? Maybe next year, I'll try to. "
See you next year then!

4^ Ecotrail Serra di Celano 2013

Celano è una sfida. E non solo. Celano è un’ossessione. 
L’Ecotrail Serra di Celano, nel Parco Naturale Regionale Sirente Velino, definita la più dura del Centro Italia, nell’edizione 2013 prevede 46 km e un dislivello positivo di 2700 metri con due picchi principali: il Monte Serra a 1943 metri dopo appena 7 km dalla partenza e il Monte Etra a 1818 metri al ventiquattresimo.
Un’ossessione, dicevamo, soprattutto se, non sei riuscito a portarlo a termine la prima volta o l'hai concluso sapendo di poter fare di meglio.
Il Monte Serra ci sorride dall’alto beffardo e serafico nella sua granitica magnificenza quando la guardiamo dalla partenza. “Io sono qui” sembra dirci. Ma nonostante il timore reverenziale che incute, stimola la nostra determinazione: semplicemente, vogliamo quella cima.
Perché è questo che fa la natura quando l’affronti con rispetto, è il tuo ostacolo, ma al contempo, anche il tuo incentivo più grande.


Il percorso è subito vertiginoso, impervio e duro. 



Ma siamo preparati e sicuramente conoscere già la montagna è fondamentale per la condizione mentale e la riuscita della salita. 


Per quanto te lo descrivano, l’effetto da “prima volta sul Monte Serra” ha quasi dello scioccante, ma anche questa volta la bellezza del posto, del panorama e dell’esperienza toglie il fiato.
Col benestare della prima vetta del Serra, che ci regala uno scenario incredibile a 360°. 



Scendiamo dalla cresta per raggiungere l'Etra.



Le gambe sono calde e dure come blocchi di marmo, ma l’entusiasmo ha il suo ruolo fondamentale per affrontare il tracciato. Se c’è davvero qualcosa che gioca a nostro sfavore, e non poco, è il caldo: il sole rovente ti cuoce le spalle. Tuttavia, l’aria che si respira è rigenerante e la visuale di quel che ci aspetta spinge a proseguire. 
E’ qui che vogliamo essere. O meglio, là, dove è rivolto il nostro sguardo, ma con la capacità di saper vivere il momento, godendoci ogni passo e poi un altro e un altro ancora… Sì, insomma. Perché le mete si conquistano con le azioni che fai nel presente, e niente come il trail running sembra ricordartelo meglio.





Al monte Etra le cose cominciano a farsi serie. La scalata è impegnativa, non traumatica e immediata come la precedente, ma lunga e faticosa. O almeno, questo è ciò che sembra affrontandola dopo ventidue chilometri. Saliamo aiutandoci con le mani, aggrappandoci alle rocce più salde, issandoci e spingendo con energia, trovando in ogni appoggio l’incentivo per raggiungere quello successivo. Si soffre, certo, ma il mantra che ci ripetiamo annaspando verso l’alto, ci aiuta a svuotare la mente da ogni titubanza e farci sentire tutt’uno con la montagna.



Ma se, come si dice, per ogni salita che affronti c’è una discesa, dall’altra parte, in questo caso, la prospettiva non fa di certo tirare un sospiro di sollievo. Si tratta di qualcosa niente affatto facile. Il crinale non solo è ripido, ma il fondo è un tranello frastagliato di sassi mobili e rocce di taglio. I più forti, esperti (e pazzi), aggrediscono la cresta al limite del pericolo saltando coraggiosamente da un appoggio libero all’altro, mentre altri, preferendo non rischiare, si trovano costretti a scendere quasi gattonando a pancia in su nei tratti più ardui. Sembra davvero non finire mai. L’equilibrio è continuamente precario, su quegli appoggi insicuri le caviglie s’indeboliscono e i muscoli delle coscie sembrano esploderti da un momento all’altro, tanto che al termine, i quadricipiti ci sussultano sottopelle. 



Ma non è finita. Per fortuna il tratto di bosco dove entriamo ci tiene al riparo dalla calura e il sentiero è piacevolmente corribile. Non sembra neanche vero e anche se la stanchezza comincia a farsi sentire seriamente, le gambe vanno come se non aspettassero altro.



Abbandoniamo la selva e proseguiamo in pianura sul fondo sbrecciato della via romana cercando, per quanto possibile, l’ombra che il sole perpendicolare dell’ora di pranzo ha ridotto a una sottile linea lungo un lato della strada. Non bisogna mollare. Non puoi fare a meno di ripetertelo perché è una lotta tra il tuo corpo, la tua mente e le riserve di energia. Un passo alla volta. Un passo alla volta. Ed è così che riusciamo a guadagnare terreno verso la via del ritorno. Gli ultimi cinque chilometri sembrano i peggiori. Prima di percorrerli entrando nel bosco ai piedi della montagna, vediamo la strada asfaltata appena sopra il paese di Celano, e nonostante il terreno sia uno spasso con il single track che si snoda sotto la vegetazione, la sensazione di essere quasi alla fine destabilizza a confronto con la distanza che ancora ci separa realmente dall’arrivo. Quegli ultimi cinque chilometri sembrano davvero infiniti e la motivazione che ci siamo ripetuti fino a quel momento cede il passo allo sconforto. E’ durissima, ma quando si cominciano a sentire le voci dagli altoparlanti del traguardo, laddove pensavi che nel serbatoio fosse finita anche la riserva, trovi qualcosa che credevi aver esaurito. E non sai neanche come chiamarla, se energia, benzina, forza di volontà, disperazione o follia, tuttavia, ricominci a correre più forte, le gambe mulinano nonostante sembrino pesanti come macigni ed ecco che inaspettatamente negli ultimi metri i passi sono addirittura veloci. E ti ritrovi ad allargare le braccia, felice ed emozionato, come quando corri incontro a qualcuno che ami.

Testo: Beniamino Cavalli


Conero Trail 2012


Ita/Eng

Se molti considerano il running e il trail running solo degli sport di fatica dove non c’è un granché da divertirsi, consiglio di mettere in programma una capatina alla Conero Trail, la gara più entusiasmante e spassosa a cui abbia mai partecipato. 23 Km di corsa frenetica, arrampicate, salti, frenate e improvvisi cambi di direzione, in quello che può essere considerato a tutti gli effetti il luna park dei trail! E questo non solo perché il Monte Conero offre, oltre a scenari mozzafiato, dei sentieri movimentati e vivaci, ma anche per un’organizzazione che conosce, ama i suoi rilievi e sa come proporli.

Abbiamo già parlato di cosa significhi correre sul Conero nel precedente post: 
http://astripedsailorshirt.blogspot.it/2012/08/training-at-monte-conero.html
Dai passaggi in spiaggia, alle dure salite che costeggiano gli strapiombi sul mare, dai single track briosi alle ripide discese euforiche, dai boschi arcani agli squarci panoramici sulla costa, la Conero Trail è un’esperienza avventurosa, dinamica ed esaltante, proposta in un percorso che sembra avere il sincero obiettivo di far vivere, in un’unica gara, la maggior parte degli aspetti che fanno apprezzare così tanto questa zona.
Si respira un’aria di festa in questa corsa, il modo migliore per rendere omaggio e far conoscere a un luogo incantato che ispira rispetto e timore, e allo stesso tempo, una dichiarazione di amore per la natura e il piacere della corsa, ciò che a tutti gli effetti è lo spirito del trail running.

If many people consider the running and trail running only endurance sports where there’s no much to have fun, I recommend to schedule a trip to the Conero Trail, the race more exciting and hilarious I've ever attended. 23 km of fast running, climbing, jumping, braking and sudden change of direction, in a contest that can be considered to all intents and purposes the Luna park of the trails! No only because the Monte Conero offers breathtaking scenery and the bustling and lively trails, but also thanks to an organization that knows, loves his reliefs and knows how to present them.
We have already talked about how exciting is running on the Conero in the previous post:
From the passages on the beach, to the tough climbs that border the cliffs on the sea, from the steep single tracks to the lively and euphoric descents, from the arcane woods to the glimpses of views on the coast, the Conero trail is an adventurous, dynamic and exciting experience offered in a path which seems to have a sincere goal to live, in a single race, most of the aspects that are appreciated so much this area.
We breathe an atmosphere of party in this race, the best way to pay homage and make known an enchanted place that inspires respect and fear, and at the same time, a declaration of love for nature and the pleasure of the race, what to all intents and purposes is the spirit of trail running.

Ultra Trail della Baronia - Pionieri del Gran Sasso 2012

Ita/Eng
Se cercate la parola limite nel dizionario leggerete, tra le altre, la definizione di punto, grado o livello a cui può giungere qualcosa. Si tratta dell’estremo massimo che conosciamo oltre il quale si passa a una condizione diversa da quella normale. Oltre il limite c’è una nuova esperienza. Esattamente ciò che rincorre un corridore.
E’ questo che ci ha mossi ad affrontare l’Ultra Trail della Baronia - Pionieri del Gran Sasso, una gara di 58 km nel suggestivo scenario delle montagne abruzzesi tragicamente colpite dal sisma del 2009. E, a distanza di tre anni e mezzo, le condizioni critiche in cui si ritrovano i paesi di questa zona si possono notare fin dalla partenza, nella piazza di Barisciano, dove alcuni edifici sono ancora puntellati con travi di legno.
Si parte alle 7 del mattino in autosufficenza idrica e alimentare, con l’obbligo di portare telefono cellulare ed equipaggiamento contro la pioggia. Usciti dal paese si comincia fin da subito a salire gradualmente. 
L’aria pungente del mattino è rinvigorente e il paesaggio si rivela immediadamente l’aspetto più importante da godersi. Non a caso chiamano tutta questa zona “il piccolo Tibet”. La strada è lunga e bisogna dosare le energie. 
Si corre bene sulle strade brecciate e ognuno cerca di trovare il proprio passo. Sarà la suggestione di questi luoghi, l’altura, l’emozione di una gara così estrema, ma il cielo sembra più vicino. 
Le nuvole non promettono niente di buono, ma si muovono velocemente e non destano ancora alcuna preoccupazione. Le gambe macinano passi e lo scenario circostante si modifica continuamente, in maniera morbida, man mano che avanziamo. 
Il cielo si fa plumbeo e al primo vero strappo verso l’alto, una sferzata di vento freddo ci viene incontro e ben presto comincia a piovere. Ricorrere fin da subito al kway, non predispone bene mentalmente: vien da pensare che il rischio sia di affrontare tutti i chilometri di gara sotto l’acqua. Un’idea disarmante da combattere cercando di concentrarsi sulla strada. 
Il primo ristoro si trova dopo circa 15 km nel paese di Santo Stefano di Sessanio un luogo che ha del magico nonostante anche questo mostri palesemente le conseguenze del terremoto. Sembra di essere fuori dal mondo. 
La pioggia da una tregua e la temperatura è ottimale tanto da permetterci di liberarci delle incerate. Raggiunto Castelvecchio vediamo in lontananza arroccata sulla montagna il nostro prossimo obiettivo Rocca Calascio ai piedi del quale potremo considerarci circa a metà percorso. Qui il cielo si apre e il sole accompagna la nostra salita. 
Abbiamo nelle gambe circa 27 km, ma la voglia di proseguire ridimensiona la stanchezza che probabilmente sentiremmo in un’occasione diversa. L’importante è alimentarsi e idratarsi costantemente, prima che le energie si esauriscano. 
Lo scenario che ci regala la natura è sorprendente e raggiunta la Rocca, oltre la cima, si apre, sul versante opposto, una vista ancor più entusiasmante: una discesa tra rilievi così armoniosi da buttarcisi a capofitto. Correre in questo contesto è una sensazione di continua meraviglia. 
In lontananza vediamo la cima del Gran Sasso. Procediamo verso Campo Imperatore. Le gambe cominciano ad accusare i primi segni di stanchezza, ma continuano a correre. La testa, per fortuna, è distratta da tutto quel che c’è intorno, ma per chi, come me, non ha mai affrontato una distanza così lunga, la reazione sia fisica che mentale è un’incognita. Superare il limite di tempo e di spazio mai affrontato prima dal proprio fisico in una corsa è qualcosa difficile da gestire. Da qui non so cosa mi aspetterà. Quel che si può solo fare è mettere un passo davanti all’altro. Correre e non pensare alla fatica. 
Ricomincia a piovere e questa volta il vento è ancora più freddo. Davanti a noi il cielo non da molte speranze e la prospettiva di affrontare gli ultimi quindici chilometri in queste condizioni climatiche è disarmante. Ma non ci si può arrendere. Fermarsi o rallentare significherebbe allungare la sofferenza, raffreddare i muscoli e garantirsi un bel malanno. Per qualche istante viene da chiedersi chi ce l’abbia fatto fare, ma è un pensiero da cancellare immediatamente. Bisogna trovare interiormente la forza di continuare, adattarsi, vincere ogni forma di abbattimento mentale. 
 Da Campo Imperatore, la catena montuosa del Gran Sasso è ancor più suggestiva. 
Ci infiliamo in un canyon, il letto di un fiume prosciugato il cui fondo è diventato sabbioso a causa delle piogge. E’ sempre più dura. Tuttavia, l’incredulità di ritrovarsi in un luogo del genere spinge a vivere questa avventura estrema fino alla fine. 
Si sale ancora, si scala, quasi, una parete ripida in cima alla quale, sappiamo, avremo terminato l’ultimo picco. Ancora un po’ di determinazione. Da qui in poi, si scenderà fino all’arrivo. Dalla sommità vediamo Castel del Monte, la nostra destinazione. E per fortuna smette di piovere. 
La discesa, però è davvero impegnativa e le anche e le ginocchia cominciano a non poterne più. Alcuni corridori zoppicano, ma non mollano. 
Manca poco e, nell’ultimo tratto, la strada permette di correre liberamente. Si stringono i denti perché è così che vogliamo giungere all’arrivo, correndo. E, inaspettatamente, in un angolo recondito del corpo, si ritrova la riserva che permette di farlo. La visione del traguardo da una sferzata di euforia che fa allargare un sorriso pieno di soddisfazione sui nostri volti. Al termine, non ci si rende nemmeno conto di ciò che si è compiuto, lasciando a dopo, il tempo di rielaborare l’esperienza appena portata a termine. Cosa ne ricava ognuno è qualcosa di estremamente personale. 
Il fine di ogni corridore è nell’esperienza stessa. Ma ancor più della gara, sono questi luoghi magici a riportarmi alla mente frase di Ignazio Silone in “Pane e vino”: “L'uomo non esiste veramente che nella lotta contro i propri limiti.



If you look in the dictionary the word “limit” you read, among others, the definition of “point, grade or level at which something can reach”. It’s the extreme maximum we know, beyond which we switch to a different condition than normal.  Over the limit there's a new experience. Exactly what chases a runner.
That 's what motivated us to deal with the Ultra Trail of Baronia - Pionieri del Gran Sasso, a race of 58 km in the picturesque scenery of Abruzzo mountains tragically affected by the earthquake of 2009. And, after three years and a half, we can see the critical conditions where the countries in this area are, from the start, in the square of Barisciano, where some buildings are still propped up with wooden beams.
We starts at 7 am self-sufficiency in food and water, with the obligation to carry mobile phones and equipment against rain. We began to rise gradually. The keen air of the morning is invigorating and the landscape is revealed immediately the most important aspect to enjoy. No coincidence that all call this area "the little Tibet". The road is long and we have to measure out our energy. We can run well on the white roads and everyone tries to find their own pace. It will be the charm of these places, the height, the thrill of a race so far, but the sky seems to be closer. The clouds do not promise anything good, but move quickly and do not cause any concern yet. The legs grind steps and the surrounding scenery changes continuously, so soft, as we go along. The sky is leaden and at the first climb, a blast of cold wind comes to meet us, and soon begins to rain. Use immediately to kway, does not prepare well mentally you to think that the risk is to face all the kilometers of the race under water. A disarming idea to fight trying to concentrate on the road. The first refreshment is located approximately 15 km in the village of Santo Stefano di Sessanio a place that has something magical although even this shows clearly the consequences of the earthquake. It seems to be out of this world. The rain gives a truce and the temperature is optimal so we can get rid of kways. Reached Castelvecchio we can see in the distance, perched on the mountain, our next goal Rocca Calascio at the foot of which we consider ourselves about halfway. Here, the sky opens up and the sun follows our climb. We in the legs about 27 km, but the desire to continue resize the fatigue that probably would feel in a different occasion. It’s important to eat and hydrate constantly, before the energy runs out. The scenario that gives us nature is amazing and reached the fortress, over the top, it opens on the other side, a view even more exciting: a descent between reliefs so harmonious to run headlong. Running in this context is a continuous sensation of wonder. In the distance we see the top of Gran Sasso. We proceed to Campo Imperatore. The legs begin to suffer the first signs of fatigue, but continue to go. The head, fortunately, is distracted by all that is around, but for those who, like me, has never faced such a long distance, both physical and mental reaction is unknown. Exceed the limit of time and space never faced before by your body in a race is something difficult to manage. From here I don't know what to expect. What i can do is just put one foot before the other. Run and not think about the effort. It starts to rain and this time the wind is even colder. In front of us the sky doesn't give us much hope and the prospect of facing the last fifteen miles in these conditions is disarming. But we can't give up. Stop or slow down would mean lengthen the suffering, cool muscles and ensure to get ill. For a moment you wonder who has it done to do, but it's a thought to be deleted immediately. We must find the inner strength to continue, adapt, overcome every form of mental dejection. From Campo ImperatoreGran Sasso mountain range is even more striking. We go to a canyon, the bed of a dry river whose bottom has become sandy due to the rains. It 's always harder. However, the disbelief of being in a place like this pushes us to live this extreme adventure until the end. We go up again, almost climbing a steep wall on top of which, we know, we finish the last peak. A little determination. From here on, we will go to the finish. From the top we see Castel del Monte, our destination. And fortunately the rain stops. The descent, however, is very challenging and hips and knees start to not take it anymore. Some runners limp, but don't give up. The last section of the road allows us to run freely. We clench our teeth because that's how we need to get to the arrival, running. And, unexpectedly, in a hidden corner of the body, we find the reserve that allows us to do so. The vision of the goal gives us a burst of euphoria that is spread a smile of satisfaction on our faces. At the end, you are not even aware of what we have accomplished, leaving to after, the time to rework the experience just completed. What it mean to everyone is something very personal. The goal for each runner is in the experience itself. But even more than the race, are these magical places that brought me back to my mind phrase Ignazio Silone in "Bread and Wine": "The man does not really exist than in the fight against its limits."

Training at Monte Conero 2012

Gran parte della vita di un corridore non è fatta di gare, ma di allenamento. Tanto del corpo, quanto della mente, soprattutto se si parla di resistenza.
Ogni corridore sa che ci vuole costanza, impegno e determinazione, e nonostante tanta passione, l’allenamento può essere spesso duro, stancante, a volte frustrante. Ma parte della preparazione è finalizzata proprio a rendere forte la nostra capacità di trovare equilibrio e adattarci. La cosa importante è trovare sempre nuovi stimoli nella corsa, variare e soprattutto divertirsi.
Il Parco del Conero (dal greco Komaròscorbezzolo), dove il 28 ottobre 2012 si terrà il secondo Conero Trail, è un luogo spettacolare dove correre. Uno scenario unico con i suoi 572 metri d’altezza a picco sul mare e un tappeto di macchia mediterranea dove si snodano ben 18 sentieri alpestri tra i boschi.
Percorriamo sentieri single track divertentissimi.
Attraversiamo vigneti dove viene coltivata l’uva del Rosso Conero.
Saliamo il promontorio su percorsi ripidi, ma quando il fiato si fa corto e le gambe cominciano a far male, ecco che si aprono squarci di panorama mozzafiato a rapire l’attenzione e a dimenticare la fatica.
Sopra il Passo del Lupo, una delle rupi più alte del mare Adriatico, lo strapiombo è emozionante.
Vediamo molte imbarcazioni rientrare verso il porto di Numana. Il cielo e il vento stanno cambiando e non promettono niente di buono.
Ma l’allenamento è troppo entusiasmante per smettere, così, continuiamo la nostra corsa fino alla cima del Conero.
Una scelta azzardata.
Dopo mesi in cui non cadeva una goccia d’acqua dal cielo, non solo piove, ma si scatena una vera e propria bufera, che ci coglie impreparati. Le gocce sono così grandi e fitte che non si riesce a vedere dove mettiamo i piedi e la temperatura cala improvvisamente di almeno quindici gradi ed è decisamente freddo.
Ma la corsa verso casa è esaltante. E fa tutto parte del rapporto con la natura. Il bello di allenarsi, sta nel cercare il divertimento della corsa.
E un’ottima occasione per correre sul Monte Conero sarà il 28 ottobre 2012, quando si terrà il secondo Conero Trail.
Per maggiori informazioni: http://www.trailadventuremarche.it/




Large part of a runner’s life is not made up by races, but training. Of course! Both of the body and of mind, especially when we talk about endurance. Every runner knows that it needs perseverance, commitment and determination, and despite a lot of passion, training can often be hard, tiring, sometimes frustrating. But part of the preparation has the purpose to make strong our ability to find balance and adapt. The important thing is to find new incentives in the race, vary and, over all, have fun.
The Conero Park (from the greek Komaros, strawberry), where 28 October 2012 will be held the second Conero Trail, is a spectacular place to run. A unique setting with its 572 meters high above the sea and a carpet of Mediterranean plants, and 18 alpine trails through the woods.
We cross fun single tracks, and vineyards where the grapes of Rosso Conero grow up, we climb the promontory steep paths, but when the breath becomes short and the legs begin to hurt, there open breathtaking glimpses  kidnap attention and let forget the effort.
Above Passo del Lupo, one of the highest cliffs of the Adriatic Sea, the overhang is exciting. 
We see many boats returning to the port of Numana. The sky and the wind are changing, and not promise anything good. But the training is too exciting to stop, so we continue our ride to the top of Conero
A risky choice. After months without a drop of water, from the sky comes, not only rain, but a real storm, that caught us unprepared. The drops are so large and intense that we can’t see where we put our feet and the temperature drops suddenly at least fifteen degrees and is very cold. But the ride back home is really exciting. It's all part of our relationship with nature. The beauty part of training, is to look for the fun of the running.
And a good opportunity to run on the Monte Conero will be October 28, 2012, when it held the second Conero trail.

3^ Eco Trail Serra di Celano 2012

Text: Italian/English
"Ogni cima che raggiungi non è altro che una tappa intermedia." Seneca
Sembra quasi che si siano ispirati a questa frase gli organizzatori dell'Ecotrail Marathon di Serra di Celano, definita la più dura del Centro Italia.
Appena ci si avvicina al paese, il Monte Serra ci sovrasta. L’occhio corre immediatamente verso la sommità, a cercarne la vetta a 1.943 metri di quota. E' lassù che dovremo arrivare al settimo chilometro di gara.  L’imponenza della montagna incute un misto di soggezione e rispetto. E se anche il primo pensiero è: “Chi me l’ha fatto fare?”, la bellezza della cima, nitida in questa giornata di cielo blu terso, alimenta il nostro spirito di avventura e la determinazione a raggiungerla. 
Alla partenza, fuori dalle mura del Castello di Celano, i partecipanti hanno tutti il naso all’insù. Molti si scaldano, scherzano, esorcizzano la fatica che li aspetta, si confrontano, ascoltano chi era presente l’anno scorso quando i chilometri erano dieci in meno, altri controllano l’equipaggiamento. E’ obbligatorio portare con sé riserva idrica, alimentare e telefono cellulare.
Sono passate da poco le 8 e i 129 partecipanti muovono i primi passi di questi 43 km di gara.
Si entra nelle mura del castello quasi a salutare il padrone di casa e si esce dalla cittadina attraverso un breve tratto d'asfalto in leggera salita.
 Quindi è il momento di entrare nella pineta ai piedi della montagna.
Il single track è divertente e correre al riparo degli alberi è davvero piacevole. Quando la salita si fa più ripida, si smette di correre e bisogna arrampicarsi. Da qui, oltre il bosco, si vede Pescina, il paese di Ignazio Silone.
Usciti dalla selva, cominciano le rocce. Si sale sempre di più. Ci inerpichiamo aiutandoci spesso con le mani. Il panorama è incredibilmente suggestivo, ma bisogna fare attenzione agli appoggi.
Al fontanile di San Vittorio, dopo 5 Km, l'acqua fresca di sorgente è rinfrancante.
Mancano 2 Km alla cima e dopo una spianata in salita corribile, comincia una scalata quasi verticale. La quota raggiunta si fa sempre più alta e voltandosi indietro si vede il castello da dove siamo partiti.
Un vento forte allevia la calura del sole battente.
Arrivati alla croce sulla vetta della Serra di Celano si allargano i sorrisi, e la stanchezza viene subito cancellata dall’entusiasmo di essere lì, come se trovassimo il senso di quello che stiamo facendo.  Lo sguardo si perde nell’orizzonte a 360°, senza nessun ostacolo a impedire la visuale. E’ incredibile! E' qui che viene in mente la frase di Seneca: come nella vita, questa cima raggiunta è solo una tappa intermedia. E per quanto duri, abbiamo fatto appena 7 km.
Proseguiamo correndo sulla cresta della montagna. Una sensazione incredibile, forse l’apice dell’esperienza di un corridore.
Si scende e si allungano le gambe più liberamente, lasciandoci il Monte Serra alle spalle. Da qui, su un misto di strade sterrate e prati, corriamo più agevolmente.
Passiamo vicino a un maneggio ed è strano incrociare cavalli sellati che passeggiano tranquillamente, mentre noi ci affanniamo a macinare quanta più strada possibile. Il caldo si fa sempre più forte, man mano che le ore passano.
Arriviamo in Val d’Arano ed entriamo nuovamente in un bosco in salita. I muscoli delle cosce cominciano a lamentarsi. Ma la strada sterrata che segue permette di allungare il passo  fino al Monte Etra.
Noi di A Striped Sailor Shirt, questa volta non ce l’abbiamo fatta e ci siamo ritirati al 22° Km, ma il racconto seguente è stato possibile grazie a un membro del nostro team di corsa che ha portato a termine questa gara ai limiti delle possibilità umane.
Dopo il Monte Etra, le cose si fanno sempre più difficili. La discesa oltre la vetta è davvero impegnativa, le rocce sono messe di taglio ed è difficile trovare un buon appoggio dei piedi. E’ una situazione tesissima e la stanchezza non aiuta. Il sole è perpendicolare e il caldo è ormai un elemento sempre più impegnativo. Bisogna idratarsi continuamente. 
Ai piedi della discesa si prende la via Romana e si comincia a tornare indietro. Mancano una decina di chilometri. A rinfrancare c’è lo scenario intorno.
Si potrebbe correre bene adesso, ma non tutti ce la fanno. Le forze sono prossime all'esaurimento e le gambe rispondono a fatica. Ci si ripete continuamente di tener duro, fino alla fine. E quando si intravede l'asfalto che porta a Celano, e il paese sempre più prossimo sotto gli occhi, si ha l'illusione di essere quasi al termine. Ma non è così, mancano ancora quattro, forse cinque chilometri, prima di scendere di quota e considerarsi davvero vicini all'arrivo. Uno scherzo disarmante, considerata la stanchezza accumulata, che mette ulteriormente alla prova la determinazione. Il traguardo si taglia allo stremo delle forze, ma ciò che si è portato a termine è una vera e propria impresa.
Un’esperienza unica, gestita davvero bene da un’organizzazione che ha lavorato con attenzione e una vera, profonda passione che ricorda la frase di Jon Krakauer in "Nelle Terre Estreme":
"Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l'avventura.".





"Each top you reach is just an intermediate step." Seneca
The Celano’s Ecotrail Marathon organizers seem almost being inspired by this phrase to prepare the toughest trail race in Central Italy.
As we approach the village, we can see Monte Serra above us. The eye immediately runs to the summit, to look its summit at 1,943 meters altitude. It 's up there that we’ll get to the seventh kilometer race. The grandeur of the mountain inspires a mixture of awe and respect. And if the first thought is: "Who made me do?", the beauty of that peak, clear in the bright blue sky, feeds our spirit of adventure and determination to achieve it. 
At the start, outside the walls of Celano's Castle, all the athletes are looking upwards. Many joke to exorcise the trouble that awaits them, confront each others, listen to those who were present last year when the miles were ten less, others check their equipment. We have to carry spare water, food and a cellular phone. 
A little after 8, 129 trail runners take their first steps of these 43 km race. We enter in the castle walls almost like to greet the host and exit the town through a short stretch of paved road uphill. So we get in the pine forest at the foot of the mountain.
The single track is fun and run to the shelter of the trees is really nice. When the slope becomes steeper, we stop running and start to climb. From here, beyond the forest, we can see Pescina, born town of Ignazio Silone. Leaving the forest, the rocks begin, we go up and up. We climb often with helping hands. The landscape is incredibly beautiful, but we have to be careful where we put our feet. The water of the St. Victor fontain, after 5 km, is refreshing.
We are at 2 km to the summit and after a plateau to run, it starts a climbing wall almost vertical. The obtained value is getting higher and looking back we see the castle from where we started. Going up a strong wind relieves us by the heat of sunlight. Arriving at the cross on the summit of the Serra di Celano we widen the smiles, and fatigue is immediately canceled by the excitement of being there, as if we had finded the sense of what we're doing. The gaze is lost in the horizon at 360 °, without any obstacle to block the view. It 's amazing! And here come to mind the words of Seneca: as in life, this reached peak is just an intermediate step. And however hard, we did just 7km.
We continue running on the crest of the mountain. An incredible feeling, perhaps the pinnacle of the experience of a runner.
We can stretch our legs more freely going downhill and leaving behind the Monte Serra. From here, on a mix of dirt roads and fields, we run more smoothly. We spend close to an equestrian center and it's quite strange to see saddled  horses strolling quietly while we run to grind as much road as possible. Hours are passing and the heat is getting stronger. We arrive in Val d'Arano and enter again into the woods uphill. The thigh muscles begin to complain. But the dirt road that follows allows you to lengthen the step up to Mount Etra.
We at A Striped Sailor Shirt, this time we done it and we both retired here, after 22 km, but the following report has been possible thanks to a member of our team of travel that has completed this race to the limits of human possibilities.
After Mount Etra, things get increasingly difficult. The descent after the top is really challenging, the rocks are made of cut and it's hard to find a good footrest. It 'a very tense situation and fatigue doesn't help. The sun is perpendicular and the heat has become an increasingly challenging. It must be constantly hydrated. At the foot of the descent, take the Roman road and it begins to turn back. Ten kilometers to the goal. The good thing is the landscape around. Athletes could run fine now, but not all make it. The forces are close to exhaustion and the legs don't reply in the right way. Each survived runner is repeating himself continuously to hold out until the end. And when it spots the asphalt that leads to Celano, and the country increasingly coming under the eyes, everyone has the illusion of being near the end. But not so, there are still four, maybe five kilometers, before descending to altitude and think to be close to arrival. A disarming joke, with the accumulated fatigue, which further tests the resolve. The finish line is cut at the end of strength, but what has been completed is a real feat.
A unique experience, very well managed by an organization that has worked with care and a true, deep passion that recalls the words of Jon Krakauer in "Into the Wild":
"The very basic core of a man's living spirit is his passion for adventure".